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Venerdì, 26 Aprile 2024
Calcio

Spal e una stagione ad effetto valanga: dall’esperienza agli allenamenti, 5 cose che non funzionano

Sintetizzare i problemi di una squadra ultima in classifica è difficile. Eccone alcuni, forse i principali

Chiamatela difficoltà, confusione, crisi. Chiamatela un po’ come volete. L’aria che si respira nel mondo Spal è pregna di preoccupazione. Perché la classifica piange, perché i problemi sono parecchi e soprattutto perché non si capisce quale sia la medicina ideale per lenire almeno in parte i dolori di una compagine che non riesce ad invertire la rotta verso la Serie C.

La verità, almeno come dato oggettivo, è che in questa stagione si è creato un effetto valanga che, ora, fermare (o almeno frenare) è tremendamente difficile. In pratica ai primi scricchiolii di inizio anno se ne sono aggiunti via via altri e ora la squadra si sta dirigendo verso valle travolgendo tutto. E tutti. Le ultime partite scriveranno il destino della Spal ma, nel frattempo, si può cercare di capire quali siano i problemi più gravi della banda di Oddo. Poi, come risolverli, è questione proprio del mister. E forse nemmeno.

1 – Non c’è l’esperienza da salvezza

C’è poco da fare. Questa squadra non è stata costruita per salvarsi e, adesso, molti dei suoi interpreti non riescono a gestire la pressione. Lo si era già detto in passato, lo si ripete: puntare ai playoff e conquistare la permanenza sono due lavori completamente diversi. Non per niente esistono allenatori ‘ideali’ per il primo obiettivo e allenatori maggiormente preparati per il secondo. E lo stesso vale per i calciatori. Giocare una partita da dentro o fuori quando il bottino fa rima con promozione è un conto: quando significa non soccombere, è tutta un’altra storia.

Esageriamo? Esageriamo. Una Spal come quella di oggi farebbe fatica anche con Messi e Mbappe. E’ una provocazione, ci mancherebbe, ma serve per dire che se si deve affrontare un campionato nei bassi fondi, serve gente che quelle zone le conosca bene. Aver comprato ‘grandi nomi’ in estate è stato un fattore positivo. Ma tali personaggi, nel momento in cui il vento cambia, risultano decisamente fuori contesto. Esempio: La Mantia. Nessuno ne discute il valore, ma forse al bomber manca l’esperienza di lottare seriamente con l’acqua alla gola ogni domenica. E dopo di lui, l’elenco è lungo.

2 – Mancano gli obiettivi

La salvezza è un obiettivo? Ci mancherebbe. Anzi, è l’obiettivo. Ma c’è un ma. Quando si comincia una stagione con l’idea di puntare alla Serie A, anche se ci si ritrova ultimi, è complicato considerare la salvezza come un traguardo. E’ un concetto difficile da comprendere, specie per molti tifosi, ma ci si fidi: è così. E c’è di più. Se l’obiettivo non lo pone nemmeno chi comanda (Tacopina, ndr), tutto diventa più complicato.

Il presidente, per almeno tre quarti della stagione, non ha voluto sentir parlare di salvezza, preferendo sempre impostare i discorsi sui playoff. Di fatto, non ha posto la permanenza nella categoria come un traguardo. Di fatto, insomma, ha tolto a buona parte della squadra la motivazione per scendere in campo contro le dirette concorrenti con il coltello tra i denti. Lo ha fatto solo di recente (parlando proprio di ‘permanenza’ e cestinando volutamente il termine ‘salvezza’). Ma potrebbe essere troppo tardi.

3 – La squadra è da compitino

I biancazzurri sono scolastici. Fin troppo. Finché un allenatore – Venturato, De Rossi o Oddo che sia – impronta un match in maniera standard, tutto fila più o meno liscio. Con i limiti del caso, ma la squadra regge. Al primo cambio di rotta (sia esso una modifica al modulo, uno spostamento di un uomo chiave, una sostituzione fuori dall’ordinario), la Spal va in difficoltà. Appena si esce dalla traiettoria, si naufraga.

E’ successo a Cosenza, tra il primo e il secondo tempo. Oddo ha provato qualcosa di ‘suo’, diciamo così, e i giocatori in campo si sono persi. De Rossi ha fallito, forse, anche e soprattutto per questo: perché ha voluto portare idee nuove, rivoluzionarie per certi versi, confondendo gli undici della domenica. In questo la Spal assomiglia alla Ferrari del 2022: finché il motore gira a livello standard, tutto va, anche se magari non si vince (ma almeno si arriva sul podio, che nel calcio vuol dire pareggiare). Appena si alza un filo la potenza, ecco che tutto esplode. E i punti, a fine gara, sono regolarmente zero.

4 – I gol, questi (semi) sconosciuti

La Spal gioca per lo 0-0? Più o meno. Ma per una questione ben precisa: perché è consapevole di non saper far i gol che servono. I biancazzurri hanno segnato 31 reti in 29 partite. Qualcosa come circa un gol ogni 90 minuti. E ne hanno incassati 40. Cosa vuol dire? Che - al netto della distribuzione scellerata delle esultanze - nel momento in cui si subisce lo svantaggio, si è sostanzialmente già consci di non portare a casa i tre punti. Quindi l’unica maniera per provare a muovere la classifica è lasciare la porta inviolata, per poi magari sperare nel miracolo davanti. Così, però, è dura. A livello matematico, ma anche e soprattutto psicologico. Il rischio di abbattersi al primo gol subito è altissimo. E, infatti, spesso avviene proprio questo.

5 – Come si allena la squadra?

E’ la grande domanda che accompagna i tifosi da almeno sei anni a questa parte. Ovvero da quando la Spal è approdata in Serie A. La massima categoria ha fatto rima con ‘porte chiuse’. E ciò è poi proseguito fino ai giorni nostri, ad esclusione di qualche pomeriggio con Oddo. L’impressione è che molti dei problemi siano racchiusi lì dentro. In quei 60-90 minuti giornalieri, lontani da occhi indiscreti.

Da Di Biagio in poi, tutti gli allenatori, in ogni conferenza stampa, raccontano sempre che la settimana è andata bene. Frasi di circostanza? Certamente, ma non solo. L’impressione è che non vengano dette bugie – a parte, forse, qualche piccolo omissis in determinati momenti ‘caldi’ – ma che, comunque, ci sia una certa difficoltà nel valutare la bontà della stessa preparazione alla partita.

Che la squadra provi soluzioni in settimana (e che queste, in via Copparo, riescano) può essere. Il tema di fondo è: ma che succede quando in campo ci sono anche gli avversari? Si studiano eventuali contromosse? Da quanto si vede la domenica, si direbbe che ciò non avvenga poi così di frequente. O, almeno, non in maniera efficace. Quante squadre sono ‘risorte’ proprio contro la Spal? Quante, al cospetto di Meccariello e compagni, sembrano quasi il Real Madrid?

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