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Scienza

Astrofisica, un docente di Unife fra gli autori dello studio sull'immagine di due galassie all'alba del cosmo

Alla ricerca ha collaborato Piero Rosati del dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell'ateneo estense

Fra il 28 e il 29 giugno di quest'anno, il telescopio spaziale James Webb Space Telescope è stato in grado di rivelare la luce proveniente da due galassie dell'universo primordiale. Una 'cattura' oggetto di uno studio da parte di un gruppo di scienziati, dei quali fa parte anche il docente Piero Rosati, del dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell'Università di Ferrara. 

"Questa ricerca - ha evidenziato il docente di Unife - rientra nello sforzo crescente nell'ultimo decennio di andare sempre più indietro nel tempo con osservazioni profonde, con lo scopo di scoprire le prime stelle nell'universo. Il telescopio spaziale James Webb, progettato in particolare per questo obiettivo scientifico, con capacità straordinarie di produrre immagini ad alta risoluzione nell'infrarosso, non ha tardato a fornire i primi sorprendenti risultati. La scoperta di  alcune galassie primordiali che risalgono a circa 300 milioni di anni dopo il Big Bang, già in una fase particolarmente luminosa e relativamente matura della loro evoluzione, sono state una sorpresa di non facile interpretazione teorica. Questa scoperta spinge la formazione della prima generazione di stelle nell'universo ad epoche ancora più remote, forse solo un centinaio di anni dopo il Big Bang. Se potessimo scrivere la storia dell'intero Universo in un libro di cento pagine, è come se fossimo riusciti ad accedere alle prime due pagine con queste nuove osservazioni. E' evidente che la natura ha trovato modi per formare efficientemente le prime strutture stellari che vanno al di là della nostra immaginazione". 

La ricerca di queste due lontanissime galassie è stata pubblicata recentemente su The Astrophysical Journal Letters da un gruppo internazionale di lavoro, guidato da Marco Castellano, ricercatore Inaf a Roma. che commenta:

"C'era molta curiosità - ha commentato il ricercatore Castellano - nel vedere finalmente cosa Jwst poteva dirci sull'alba cosmica, oltre naturalmente al desiderio e all'ambizione di essere i primi a mostrare alla comunità scientifica i risultati ottenuti dalla nostra survey Glass. Non è stato facile analizzare dei dati così nuovi in breve tempo: la collaborazione ha lavorato 7 giorni su 7 e in pratica 24 ore su 24 anche grazie al fatto di avere una partecipazione che copre tutti i fusi orari".

Alla collaborazione internazionale, che vede numerosi ricercatori e ricercatrici dell'Inaf coinvolti fin dalla presentazione della proposta osservativa, hanno partecipato anche colleghi dello Space Science Data Center dell'Agenzia spaziale italiana e dell'Università di Milano, oltre a Unife. 

Sul contributo di Unife, il docente Rosati ha aggiunto che "il gruppo di Astrofisica dell'ateneo ferrarese, con l’aiuto di studenti e assegnisti di ricerca, fa parte della collaborazione internazionale Glass alla base della scoperta, guidato dal docente Tommaso Treu dell'Università della California. Il gruppo Unife sta studiando in particolare gli effetti di lente gravitazionale che giocano un ruolo importante in questo programma osservativo. La zona di cielo prescelta per questo studio contiene infatti una ammasso di galassie che con la sua enorme massa agisce come una lente gravitazionale, che amplificando la luce di galassie distanti, si 'somma' al telescopio James Webb, rivelando sorgenti primordiali ancora più deboli e distanti".

La distanza delle due galassie in questione dovrà essere confermata con maggior precisione mediante osservazioni spettroscopiche, ma si tratta già dei candidati più robusti selezionati ad oggi con dati Jwst. A confermare l'affidabilità dei risultati è proprio l'accordo con quanto riscontrato anche in altri studi, tra cui il lavoro guidato da Rohan Naidu dell'Harvard Center for Astrophysics, negli Stati Uniti, che analizza gli stessi dati del progetto Glass, apparso lo stesso giorno su Arxiv e attualmente in corso di pubblicazione, anch'esso su The Astrophysical Journal Letters.

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