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Spal, così si fa dura: l'attacco si inceppa, l'Arezzo (in 10) strappa un punto

Quasi un tempo in superiorità, ma non si tira in porta. E manca la scossa dalla panchina

Nel 1987 Tozzi, Ruggeri e Morandi si portavano a casa il Festival di Sanremo con ‘Si può dare di più’. Trentasette primavere dopo, la melodia che riecheggia al Mazza è più o meno la stessa. Ma cambia una parolina fondamentale: si ‘deve’ dare di più. In 11 contro 10 per 39 minuti (a cui si aggiunga abbondante recupero), i biancazzurri sciupano la più ghiotta delle occasioni per fare bottino pieno, contro un Arezzo buono ma non irresistibile. Di Carlo voleva una Spal che pedalasse forte. E invece qui è scesa la catena. Anche di qualche tifoso.

E’ paradossale e tragicomico. Finché tutti sono in campo, Antenucci e soci se la giocano. A rosso esibito in faccia a Masetti, sono i toscani a sfiorare il jolly da tre punti. La Spal, dal canto suo, rallenta, forse convinta che basti poco per sfangarla. Peccato che non viene fatto nemmeno quel poco. Gioco rozzo, spezzettato, fatto di tanti calci e poco calcio e panchinari che non danno nulla di nulla. Anzi, nella serata umida del Mazza, forse anche qualcosina in meno. Finisce 0-0, ma è quasi superfluo sottolinearlo.

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Il rewind del match parte al minuto 11, quando Settembrini, con un cross, scheggia la traversa. Brividi. La risposta biancazzurra arriva con dieci giri di lancette di ritardo, quando Carraro mette in mezzo per Dalmonte che spara basso e centrale un rigore in movimento che Trombini respinge. Sessanta secondi e Pattarello va vicino al vantaggio. Il primo tempo è tutto qui: qualche spunto, tanta noia e qualche legnata. Alle caviglie, non al pallone.

C’è più bagarre sugli spalti, dove gli ultras si sfidano a cori e protestano contro le autorità che limitano le trasferte. Da Arezzo hanno il permesso di presentarsi in 200, non uno di più. Arrivano in 192. Gli spallini, dal canto loro, non potranno andare in trasferta a Vercelli, quando Maistro e compagnia varia sfideranno il Sestri Levante. Questioni extracalcistiche che rientrano prepotentemente nel contorno di una notte di metà febbraio. Di quelle, però, da dimenticare in fretta.

La ripresa è decisamente più vivace, perché Carraro si divora il vantaggio di testa al 51’ sul cross apparecchiato da Tripaldelli: sarebbe stato forse troppo, per i 6.078 del Mazza, annotare assist e rete delle due pedine più contestate della squadra. Sarebbe stato irreale e, per questo, forse ancora più gustoso. Ma il sogno rimane incastonato nel cassetto. E chissà per quanto ancora giacerà lì. Un minuto dopo, curva e tribune esplodono quando l’arbitro non espelle Settembrini che ara Ghiringhelli lanciato a rete.

Perché non arrivi il rosso è un ‘mistero’. Come cantava sempre Ruggeri. Che vinse anche quel Festival, nel 1993. Lui vinceva, la Spal si è dimenticata come si fa. La doccia anticipata arriva comunque quattro minuti dopo, per Masetti. Sembra la svolta, ma non lo è. Anzi, l’Arezzo sfiora due volte il colpo gobbo: al 61’ con Pattarello e all’87’ con Donati. Al novantesimo, sempre Pattarello si concede addirittura la finezza di un cross di rabona. Quella roba stile carioca con le gambe che si incrociano. Per dire come la prendono con leggerezza gli ospiti.

Agli uomini di Di Carlo rimangono meno delle briciole, fatte di occasioni finali confuse di Edera e Rabbi. Subentrati e poco incisivi, come tutti gli altri. Ed è un problema. Anzi, rischia di diventare il problema. Perché se in superiorità numerica la panchina non è un fattore, altro che pedalata rapida. Quattro punti gettati in due partite, in questo periodo dell’anno, sono ricchezze che nemmeno il Cesena-Verstappen del campionato si sognerebbe di concedere. Sono una fetta concreta di salvezza, che altri ora potrebbero pensare di azzannare. Mentre qui, da questo lato, continuano solo 'fiumi di parole'.

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