Commercio, Confesercenti difende i negozi alimentari: "Speculazione? Sì, ma è a monte"
Secondo il presidente Orsatti il motivo sarebbe da ricercare nei prezzi di energia e trasporti
La speculazione c’è, ma è a monte. E’ questo il pensiero di Fiesa Confesercenti Ferrara, l’associazione che riunisce le imprese specializzate nel commercio alimentari. A prendere la parola sul tema è il presidente provinciale, Alessandro Orsatti, che sottolinea come “se ci fosse la speculazione da parte dei negozi alimentari, gli stessi vedrebbero aumentare i profitti e le aperture. Invece le vendite continuano a calare e gli esercizi a chiudere, con perdite ingenti di posti di lavoro e di servizi per le comunità locali”
Speculazione che, dunque, sarebbe come detto a monte dei processi, ovvero nel costo delle materie prime, dell’energia e dei trasporti. E per avvalorare tale tesi, Orsatti snocciola i dati: “Dal 2019 al 2022 sono sparite nella nostra provincia circa 60 imprese attive nella panificazione e nella distribuzione e vendita di carne – chiarisce -. Da qui al 2030, con le tendenze attuali, stimiamo di perderne altre 110. È il segno evidente della sofferenza del comparto”.
“Le imprese della distribuzione – incalzano da Fiesa - hanno tentato di assorbire gli aumenti registrati, riducendo i propri margini per non trasferire gli aumenti per intero sui consumatori. Un messaggio che fatica a prendere piede: spesso negozi e piccoli produttori artigianali sono additati come responsabili degli aumenti”.
Poi la spiegazione. “Il prezzo sullo scaffale – precisa ancora Orsatti - è il risultato delle dinamiche di mercato sottostanti, che vanno oltre la materia prima. I prezzi delle materie prime, seppure in discesa, si collocano ancora ad un livello superiore a quello di prima della guerra in Ucraina. E, comunque, il lasso temporale necessario a recepire sui prezzi al consumo le riduzioni oppure gli aumenti delle materie prime è di 6-8 mesi. È pertanto prematuro aspettarsi da subito riduzioni di prezzo”.
Poi ci sono le spese incomprimibili (affitti, mutui immobiliari, credito al consumo, utenze domestiche e spese per servizi di trasporto) che “mettono, oltre alle imprese, anche le famiglie in difficoltà e scaricano le tensioni sui consumi – conclude il presidente provinciale -. Ecco perché le azioni mirate al contenimento dell’inflazione debbono avere un orizzonte più ampio, altrimenti si perdono di vista le dinamiche di base della spinta inflattiva”.