Cambiamento climatico, uno studio indica una correlazione tra siccità e incidenza dell'asma

Il numero di persone che soffrono di asma in Italia potrebbe essere destinato ad aumentare a causa del cambiamento climatico e di una sua particolare conseguenza sull'ambiente, la siccità. A indicarlo è un recente studio multidisciplinare guidato dal Consiglio nazionale delle ricerche e condotto da climatologi, pneumologi, allergologi ed epidemiologi. Un gruppo di ricerca, al quale ha partecipato anche Nicola Murgia, docente del dipartimento di Scienze dell'ambiente e della prevenzione dell'Università di Ferrara.

"L'Organizzazione mondiale della sanità - ha spiegato il docente Nicola Murgia - stima che per il periodo 2030-2050 ci sarà un aumento significativo dei decessi attribuibili ai cambiamenti climatici, per via di eventi estremi, disponibilità idrica, sicurezza alimentare e cambiamenti nella comparsa e diffusione di malattie di origine infettiva. Meno chiari sono gli effetti della siccità, una delle conseguenze dei cambiamenti climatici, sulle malattie cronico degenerative, in particolare quelle respiratorie".

Ora, per verificare l'esistenza di un legame tra siccità, cambiamenti climatici e incidenza dell’asma, il gruppo di ricerca ha analizzato le oscillazioni periodiche di tali elementi intercorse tra il 1957 e il 2006. Il lavoro, che è stato svolto in Italia su più di 30mila soggetti, suggerisce che vi è una effettiva correlazione tra andamento del fenomeno della siccità e incidenza di asma bronchiale.

"Le variazioni di siccità - ha illustrato Sergio Bonomo, ricercatore del Cnr-Igag e autore della ricerca - sono state ricostruite attraverso l'indice di Palmer, che misura il grado di gravità della stessa, e sono state messe in relazione alle fluttuazioni della cosiddetta Summer North Atlantic Oscillation, indice climatico che, nella sua fase negativa, genera condizioni umide sull'Europa nordoccidentale e condizioni aride sul Mediterraneo centrale. E' emerso così che nel nostro Paese l'incidenza dell'asma condivide lo stesso schema di fluttuazioni, con una periodicità media di 6 anni". 

La ricerca sottolinea l'importanza di pianificare interventi globali di contrasto al cambiamento climatico, anche per salvaguardare la salute dell'uomo. "E' auspicabile - ha aggiunto il docente Nicola Murgia - che questa associazione venga tenuta in considerazione nella valutazione dei fattori di rischio dell'asma bronchiale e negli interventi di prevenzione volti a ridurre le conseguenze sanitarie e socioeconomiche dell'asma bronchiale". 

Lo studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista Scientific Reports e ha riunito ricercatrici e ricercatori dell'Istituto di geologia ambientale e geoingegneria, dell'Istituto di farmacologia traslazionale e dell'Istituto di fisiologia clinica, in collaborazione con pneumologi, allergologi, biostatistici ed epidemiologi di diverse università italiane, come Verona, Ancona, Ferrara, Palermo, Pavia, Torino e Sassari.