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Lunedì, 29 Aprile 2024
Omicidio Willy Branchi / Comacchio

Willy Branchi, un nome per la verità: "Chi ha scritto la lettera al fratello, parli"

Sentite 229 persone e intercettate 205mila conversazioni: "Manca l'ultimo tassello"

L’ultimo tassello. Lo definiscono così, i carabinieri, quel nome che manca all’appello nel caso di Willy Branchi. E quel nome è quello di chi, nel 2015, ha scritto una lettera anonima, inviandola a Luca, fratello del giovane ucciso il 29 settembre 1988 sulla riva del Po, a Goro.

Lo scritto anonimo

Uno scritto anonimo che ha, di fatto, fornito agli inquirenti una nuova pista investigativa. Il tutto appena un anno dopo la riapertura delle indagini. Ma gli sforzi dei militari dell’Arma per risalire all’autore del delitto sono risultati vani. Gli stessi uomini delle forze dell’ordine hanno, poi, accertato che le informazioni contenute nella missiva fossero esatte. E tutte, di fatto, hanno trovato riscontro.

L’appello

Ma, come detto, manca quel tassello. Il nome di quella persona che ha scritto la lettera e che, come ampiamente dimostrato dagli stessi carabinieri, è dunque a conoscenza di cosa accadde realmente quella notte del 1988. A 35 anni dall’assassinio di Willy, dunque, la verità è lì che attende solo un nome. La famiglia del ragazzo e l’intera comunità possono ottenere giustizia. A patto che chi sa, parli.

Le indagini

L’appello delle forze dell’ordine arriva, dunque, a circa 10 anni di distanza dalla già citata riapertura del fascicolo sull’omicidio. Un lungo periodo in cui le indagini di Procura e Arma hanno fatto luce su diversi punti oscuri della vicenda. Tanti, ma non tutti.

I numeri

In questi ultimi due lustri, infatti, sono state raccolte le dichiarazioni di 229 persone, sfidando e vincendo la cappa di omertà intorno alla tragedia. Inoltre, sono state intercettate 205mila conversazioni (un lavoro pari a 11.300 ore di ascolto) ed è stata accertata la “non genuinità” delle dichiarazioni rese da ben 8 persone (poi iscritte nel registro degli indagati con le ipotesi di reato false informazioni al Pubblico Ministero e, nel caso più grave, calunnia). Ora, però, come detto, manca l’ultimo tassello.

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