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Calcio Malborghetto-Pontegradella / Via Copparo

Via Copparo come l’Area 51: cosa accade là dentro? Le 5 domande sugli allenamenti

Viste le difficoltà allo stadio, l’idea è che qualcosa non funzioni a monte. Ma capirlo è dura…

Cosa si nasconde in via Copparo? La domanda è lecita, perché se la Spal non ingrana allo stadio, il problema deve necessariamente essere lì. Dentro a quelle quattro mura. Anzi gli interrogativi, ad essere onesti, sono più di uno. Dubbi e perplessità forse destinati a rimanere tali. In primo luogo perché le porte del centro sono praticamente sempre inaccessibili (e non ci si faccia distrarre dai tre momenti ‘aperti’ pre-Gubbio, gli unici con Colucci e nemmeno così indicativi).

In secondo luogo, è comunque difficile – se non impossibile – immaginare che, su un tema così delicato, l’allenatore (in questo caso Colucci, ma il discorso vale anche per il passato) o una figura dirigenziale possano sbilanciarsi. E allora non resta almeno che iniziare a metterli nero su bianco, questi quesiti. Poi se qualcuno vorrà rispondere...

1 - Allenamento fisico o mentale?

La Spal è in crisi, tanto a livello tattico quanto a livello mentale. In una settimana normale – senza impegni infrasettimanali – è presumibile, dunque, che Colucci passi parte del tempo a lavorare anche sull’aspetto psicologico dei giocatori (dopo Entella, nuovamente fischiati dalla Curva). Anzi, lo ha ammesso lui stesso in qualche conferenza, senza però mai approfondire il tema. E questo è un nodo cruciale: quanto tempo si ‘perde’ per rincuorare la squadra? Perché, per quanto possa essere fondamentale resettare la mente di Antenucci e compagni dopo una sconfitta (o un pareggio ‘fischiato’, appunto), è altrettanto importante tentare di recuperare anche il gap tecnico e tattico con gli avversari. E la settimana non è infinita: se prendi tempo a destra, ne togli a sinistra.

2 - Se si corregge sempre, quando si avanza?

Passando al lavoro di campo, Colucci ha anche spesso ribadito di lavorare molto in settimana per correggere gli errori dell’ultima partita. Atteggiamento giusto, per carità. Ma l’impressione è che le lacune evidenziate la domenica siano talmente tante, che nei giorni successivi non rimanga poi così tempo per provare qualcosa di nuovo. Sempre che, poi, tali errori vengano compresi. Perché è capitato in più di un’occasione che le stesse imperfezioni venissero ripetute in maniera consecutiva, partita dopo partita.

3 - Ci si allena sull’avversario?

E’ forse il concetto più importante nel calcio di oggi, in particolare quando si è in crisi, ma anche quello meno discusso. Quanto si studia l’avversario? L’impressione è quella che questo aspetto venga posto spesso in secondo piano, almeno in via Copparo. Ci si concentra su cosa si deve fare, poco su cosa faranno gli altri. E le partite sono poi lì a testimoniarlo. Se ogni volta che i tifosi escono dal Mazza dicono “Contro di noi sembrano tutti il Real Madrid” un motivo ci sarà.

4 - Esistono delle punizioni?

Tradotto: come viene accolta la sconfitta (o comunque la serie di prestazioni negative) dalla dirigenza Spal? Al di là dello sconforto, i giocatori vengono ‘puniti’ in qualche modo? E con punizione, si badi bene, non si intende una serie di frustate da servo dell’antico Egitto.

Ma, ad esempio, sedute di lavoro senza palla (cosa odiata da chi pratica questo sport) o addirittura doppie sedute, mattina e pomeriggio. Ritiri, cancellazioni di giorni di riposo. E via dicendo. Tutti aspetti che possono suonare sbagliati per chi non ha mai dato del tu al pallone, ma tremendamente normali in questo tipo di mondo. E, in fin dei conti, nemmeno così difficili da sopportare per chi fa del calcio un lavoro a tempo pieno.

5 - E se ci fosse Tacopina?

“Tacopina dov’è?” gridano i tifosi. E non hanno proprio tutti i torti. Almeno per il lavoro della settimana. Fermo restando che la sua presenza allo stadio non cambierebbe (e non l’ha fatto in passato) l’esito di un match, quella al centro sportivo, invece, potrebbe farlo. Presenza che, sia chiaro, dovrebbe essere però assidua, non certo a spot. E, in tal senso, la toccata e fuga di inizio dicembre ne è la l’esempio perfetto. O più deleterio, che dir si voglia.

Seppure gli esperti sostengano che sia più il direttore tecnico a dover tenere tutta la banda sulla corda, avere il capo a bordo campo un pizzico di impegno in più te lo fa mettere. Come in ufficio: quando il superiore non c’è, anche il più ligio dei dipendenti non darà mai il 100%. Con il capo seduto alla scrivania, invece, è d’obbligo carburare di più. Poi i limiti rimangono limiti, ci mancherebbe, ma forse qualcosina potrebbe migliorare.

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