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Dura lex sed... l'ex: de profundis Spal, Nainggolan non basta ad evitare una sconfitta pes'Ante'

Pomeriggio folle al Mazza: segnano due ex, più il ninja, ma De Rossi è sull'orlo del baratro

Antenucci che segna sotto la Ovest. Esposito, l'altro, che timbra il cartellino. Radja che riapre il cassetto dei sogni. Al Mazza va in scena un pomeriggio di un giorno da cani, che sancisce il crollo della banda di De Rossi, ora più di là che di qua. Nella settimana delle polemiche arriva il match più folle della stagione, con il Bari che vince (grazie alle vecchie conoscenze) e con la Spal che, stando così le cose, adesso guarda più o meno tutti dal basso.

Non inganni il pirotecnico 3-4 finale. Se a salvarsi, nelle pagelle del giorno dopo, sono solo le glorie da zanetta, Nainggolan e Fetfatzidis, in via Copparo è bene che aprano sin da subito il quadernino degli appunti e mettano giù idee per uscire dalle sabbie mobili in cui si sono cacciati tutti. Tutti. Perché anche De Rossi non è esente da colpe: presentarsi con Zanellato titolare è come citofonare il campanello della suocera con l’amante sotto braccio. La tragedia è roba di pochi minuti.

Ne impiega sette, esattamente, lo Zinedine de noantri per perdere il primo pallone di un match da brividi. Al 56’, lo riveliamo già ora tanto qui non ci sono segreti, se ne lascerà scappare uno ben peggiore da cui poi nascerà il gol dello 0-3. Altri sette giri di lancette e Niccolò uscirà tra i fischi. Bene, il capitolo ‘10’ (che coraggio stampargli sulle spalle tal numero, vabbè), l’abbiamo affrontato. Ci siamo tolti anche sto malloppo dal groppone. Adesso riavvolgiamo il nastro. Rewind.

Serve procedere rapidi - non come Zanellato, insomma - per asciugare la cronaca di novanta minuti senza un senso logico che sia uno. Ad aprire le danze è Folorunsho che al ventesimo compone il numero di Alfonso e gli regala una telefonata da metri venticinque: ma lì, a passeggio, c’è il Mecca che devia e spiazza tutti, portiere e tifosi. La Bari, così si dice a quelle latitudini, non perdona. Sei giri d’orologio, altro tiro del numero 90: stavolta Alfonso almeno la respinge, però malino. La sfera capita quindi sui piedi di Esposito (Sebastiano) che, complice un Celia che invece di marcarlo si gode lo spettacolo pop corn in mano, ha il tempo di stopparla, prendere la mira e segnare il raddoppio, con la ciliegina del tunnel all’estremo difensore rosa vestito.

E pensare che la Spal, con tutti i limiti del caso, non gioca nemmeno così male. Per questo, lo 0-2 all’intervallo è duro da digerire. Altro che birretta. Al bar dello stadio dovrebbero servire bicchieri di rum serio, magari dominicano, per buttar giù quella che pare un’ingiustizia del Dio del pallone. Ma che, una mezzoretta scarsa più tardi, apparirà invece come il sintomo evidente di una malattia forse incurabile. La medicina greca Fetfa lenisce, in parte, il dolore. Quella belga Radja pure. Ma qui il coma è profondo.

Del triplo centro del Bari, torniamo a chiamarlo all’italiana, abbiam detto. Il carillon Zanellato si gira e rigira in mezzo al campo, finché non perde il pallone del contropiede letale. E’ un de profundis. Un buio pesto irradiato, solo per un attimo, da un lampo del ninja, che pennella sulla testa di Moncini un cioccolatino cremosissimo. Il famoso gol della bandiera è buono per annotare il +1 di Nainggolan al Fantacalcio. Ah no, il giochino più celebre per i tifosi d’Italia non esiste in Serie B. Mai una gioia.

Ma il pomeriggio è di quelli da giorni da cani e la beffa non tarda ad arrivare. Ante, proprio lui, incorna l’1-4 sotto la Ovest. Qualcuno addirittura applaude. Sintomo di una nostalgia comune così densa che si può toccare e, magari, tagliare con il coltello. Roba da farcirci la crostata al mattino, da gustare a colazione. E quando pensi che sia finita, cantava Venditti, è proprio allora che si riapre la partita, proseguiamo noi, già in clima Sanremo. Bim bum bam e in due minuti prima Nainggolan e poi Celia scombussolano cuori e menti degli 8.773 del Mazza (e chissà quanti sul divano).

Il belga silura Caprile con un missile, tanto per far capire ai nuovi compagni che tirare è già un buon primo passo per provare a segnare. Così, giusto per dire. Poi ognuno faccia come crede. L’esterno pennella un cross sul quale La Mantia non ci arriva (strano?) e che si insacca sul palo più lontano. Follia totale. La rassegnazione diventa speranza, la tranquillità diventa ansia. Stati d’animo opposti, di tifoserie opposte, cui però sempre quel Dio del pallone non riserva altri scompensi alle coronarie.

Finisce con Antenucci che ringrazia l’intero stadio, forte di un gol e tre punti. Finisce con la Spal mezza fischiata, mezza applaudita, perché onestamente con questa squadra non si sa nemmeno più come tifare. Finisce con il quartultimo posto, in coabitazione con il Venezia (prossimo avversario, sabato alle 14), che vuol dire playout, se non peggio. Finisce con il Mazza ancora terreno di conquista. Finisce e basta, insomma. Per il momento, solo un pomeriggio di un giorno da cani. Ma il precipizio è lì: la fine, quella vera, la si può toccare con mano. Come la nostalgia dei tempi andati.

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