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Il parcheggio davanti al Duomo e quel "saggio" del bambino: il primo giorno di De Rossi, l'allenatore 'senza cravatta'

Un ritratto del nuovo allenatore, arrivato nella piccola città dalla capitale, che si stupisce per un selfie chiesto con cortesia

“Sono arrivato in macchina e mi sono trovato davanti alla Cattedrale. E' maestosa, ma mi sa che ho sbagliato strada”. No caro Daniele, la strada è quella giusta. E' quella che ti ha portato alla Spal, quindi va bene così. E la multa, pazienza, si pagherà.

L'avventura di De Rossi in biancazzurro è iniziata in punta di piedi. Un gladiatore in una bomboniera di città. Ferrara è porzione di mondo tranquilla, tanto, tantissimo. Tanto da sbalordire chi, fino a ieri, apriva la finestra e si specchiava nel Colosseo. “Qui la gente per fare una foto mi ha chiesto per piacere” si stupisce. “A Roma? Ti saltano addosso”.

Nei modi carini, c'è una città che freme. Grandi e piccini sognano il ritorno là, dove è più bello. Dove il presidente dice che la Spal prima o poi riapproderà. Per farlo, Joe dall'America si è affidato al suo nuovo condottiero. A lui il compito di ripetere le gesta dell'altro condottiero, quello toscano, di nome Leonardo.

Ma qualunque cosa succederà, succederà comunque in maniera differente. Perché Semplici e De Rossi sono diversi nel carattere e nello stile: “Non chiedetemi di indossare la cravatta” mette subito in chiaro l'ex campione del mondo. “Ah, nemmeno le scarpe eleganti. Dopo trent'anni di battaglie, non riesco a stare in piedi due ore così. Indosserò le scarpe da tennis in panchina”. Parla come una donna sfinita dopo una serata di gala, con il solo sogno di rincasare e infilarsi le ciabatte. Proprio lui, che con i piedi ci ha vinto un mondiale. Robetta da nulla, insomma.

Strana la vita. Ma fa simpatia. Come il bambino che, intervistato da un cronista in giro per la città, lo definisce un 'saggio'. “I bambini hanno sempre ragione” ci scherza su. Poi rincara la dose perché, come abbiam detto, la simpatia non gli manca: “Non sono un luminare, dai. Ma nemmeno uno scemo”. Il riferimento è al genio con cui farcì il centrocampo nei tempi che furono e che vorrebbe rivedere adesso dai suoi ragazzi.

Potrebbe rivedere anche Pepito Rossi, un giorno. Chissà. E sarebbe l'ennesimo amarcord da lacrimuccia. L'ennesimo perché ce n'è pure un altro, grande come una casa, anzi come il mondo. Lui, Daniele da Roma, è il quinto campione del 2006 presente in Serie B. C'è Grosso al Frosinone, Superpippo alla Reggina, Cannavaro al Benevento. E poi c'è Buffon a Parma, che ancora gioca, la vecchia volpe. De Rossi, un sorrisino, quando glielo si chiede, lo fa. Ma non accadrà. Ci si metta pure il cuore in pace.

Tornando a Berlino, però, viene da pensare che sotto quel cielo azzurro (o almeno dipinto tale dopo le undici e qualcosa) deve esser successo davvero qualcosa di magico. “Abbiamo avuto un grande maestro” ammette Daniele. Per i non avvezzi alle intuizioni, il maestro è Marcello Lippi. Parole al miele per lui, parole dolcissime anche per l'altra grande guida (tecnica) della sua vita, Roberto Mancini: “Mi avrebbe voluto su un'altra panchina – chiosa – ma conoscendolo lo posso capire”. Anche qui, se urge traduzione, il mistero è presto svelato. Il Mancio l'ha spinto verso la sua amata Samp. Perché alla fine, e forse non solo alla fine, comanda sempre il cuore.

Ora tocca a De Rossi metterlo, per farlo vibrare ai tifosi spallini.

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