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Contro il Benevento è sfida mondiale, De Rossi riabbraccia Cannavaro: "Nel 2006 mi ha fatto vincere, gli voglio bene"

Il mister della Spal si sta ambientando a Ferrara, ma non si nasconde: "Allenare lontano dalla famiglia è dura"

Riavvolgete il nastro a quella notte del 2006. De Rossi tira il rigore, Cannavaro alza la coppa al cielo di Berlino. Sabato, in Spal-Benevento, saranno uno contro l’altro, sulle due panchine. Stima e amicizia non verranno scalfite, ma in ballo ci sono tre punti fondamentali per entrambi.

Mister, arriva il Benevento. Dalla classifica sembra una squadra alla portata e loro hanno molte assenze.
“Il Benevento è una squadra che è stata costruita per lottare per le prime posizioni. Ha fatto buone partite e ha raccolto meno punti di quelli che meritava. Esprimono a tratti buon calcio e c’è massimo rispetto da parte nostra”.

Sabato a Terni, la Spal ha giocato bene. Positivo il pressing alto e il possesso palla. Aspetto negativo il gol che continua a mancare.
“Cerchiamo di analizzare la prestazione, poi il gol non è mai un caso però può essere un fattore che oscilla. Io sono contento di quello che ho visto a Terni: se riuscissimo a replicare più partite così, rispetto a quanto visto per esempio a Cittadella, sarà più facile fare gol e vincere”.

Su cosa avete lavorato questa settimana?
“Le prime sessioni della settimana toccano sempre l’aspetto fisico e quello tecnico dei giocatori, poi abbiamo preparato la partita”.

A lei piace giocare con molto palleggio. E’ riuscito a colmare il problema delle soluzioni offensive?
“Più palleggi e più ragioni, ma gli altri hanno anche tempo di mettersi a posto. Però a volte ragionare significa anche fare una giocata in verticale. Costruire l’azione è una qualità importante ma non è l’unica che voglio. Nell’ultimo mese abbiamo schiacciato gli avversari, ma dobbiamo servire meglio gli attaccanti e loro ci devono dare una mano ad essere più vicini agli altri reparti”.

Se ci fosse un rigore a favore, chi sono gli uomini incaricati?
“Li stanno battendo adesso, mentre sono in conferenza. C’è una gerarchia, ma non la dico per non avvantaggiare i nostri avversari. Io sono stato rigorista e ho già individuato chi può esserlo nella Spal: ma sono dinamiche di campo e lascio a loro questa libertà”.

Ha fornito un segreto ai suoi giocatori?
“Tirare la palla dalla parte opposta di dove si tuffa il portiere. Non c’è segreto; c’è lavoro, studio e una buona dose di nervi saldi. Quando diventi rigorista non ti devi solo fidare delle tue qualità e pensare che mettendola in un certo posto poi il portiere non la prenderà: devi anche capire cosa pensa l’estremo difensore”.

Qualcuno, però, l’ha sbagliato…
“Mi ricordo l’errore a Manchester e quello all’Europeo 2008 contro la Spagna. Lì potevamo vincere il titolo e quel rigore mi è rimasto sul groppone”.

Primo mese da allenatore: la Spal e Ferrara se li immaginava così? E’ un mestiere stressante?
“E’ un sogno. Il mio unico grande problema è stare lontano dalla famiglia, adesso lo digerisco a fatica. In futuro o me la porto dietro o non so se continuerò. Per il resto è impossibile non ambientarsi a Ferrara, a parte le biciclette contro mano che saltano fuori ad ogni incrocio (ride, ndr). La città è adorabile, piena di gente educata, facile da vivere, bellissima. Questo lavoro è stressante perché si sta tanto in ufficio, però facciamo quello che amiamo e cerchiamo soluzioni su un argomento che ci diverte”.

Sabato si troverà di fronte Fabio Cannavaro. Ci può raccontare qualche aneddoto?
“Ne abbiamo vissute talmente tante che è difficile sceglierne uno. Lui mi ha portato a vincere un Mondiale, che è una cosa eterna. Il mio primo grande amico è stato suo fratello, Paolo, con cui ho condiviso la stanza in Under21 e siamo rimasti molto legati. Sarà un piacere riabbracciarli entrambi”.

Cannavaro ha detto che non si aspettava che De Rossi facesse l’allenatore…
“Lui ha questo humor napoletano (ride, ndr). Siamo due che nello spogliatoio stavamo poco zitti e parlavamo molto. Siamo sempre stati attratti da questo sport e quando non si è più in grado di giocare o se ne esce o si fa questo. Fabio lo stimo e gli voglio bene”.

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