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Spal, il Benevento 'strega' il Mazza: Esposito dipinge un'illusione, poi Cannavaro ribalta De Rossi

La Mantia è inchiodato, Alfonso da film horror, Peda ingenuo. Applausi solo per l'ex Schiattarella

Si scrive Spal, si legge illusione. Quella di una raccolta punti – e non al supermercato – che non arriva, quella di un gioco che non arriva, quella dell’intesa tra gli attaccanti che non arriva. Eccetera, eccetera, eccetera. Il prato del Mazza è terreno di caccia anche per il Benevento, con buona pace di chi sperava di rivivere magari i fasti di Cosenza.

Il primo pomeriggio plumbeo della stagione è nero per i biancazzurri. Confusione cromatica a parte, il Benevento torna a casa con una vittoria che profuma di impresa (ma meritata). La Spal, dal canto suo, ora trema. Non per i primi freddi, ma per una classifica che dice che un misero punticino sulla zona playout è roba da mettersi lì e capire quale ruota del carillon non fa più girare la bambolina.

Eppure il pomeriggio inizia discretamente. Ma questa è una frase già scritta e già letta. Minuto 10, Moncini si guadagna una punizione dal limite: Esposito dipinge un arcobaleno – tanto per rimanere in tema di spruzzate di colore – e parte la samba dell’illusione. Una dozzina di giri d’orologio più tardi ne arriva una gigantesca, di illusione si intende: il gol di La Mantia.

Sì, è tutto vero (proprio come titolava la Gazzetta dopo la notte mondiale, ma dei campioni di Berlino parleremo più avanti). Il bomber si sblocca. E diciamo di più: con uno scavetto. Ma la bandierina dell’assistente si alza e per i 7mila del Mazza suona una sveglia fastidiosissima. Fine del sogno. Si resta 1-0, che non è male, ma che è anche un brodino scialbo scialbo.

Scocca la mezz’ora e riappaiono pure i fantasmi di Terni. Moncini ciabatta un diagonale sul quale ancora La Mantia non arriva. Una settimana prima, al Liberati, era stato il 9 a fallire il tap-in da tre punti. Un flashback o chiamatelo come volete. In buona sostanza, è l’ennesima illusione di qualcosa che poteva essere e non è stato.

Si resta, dunque, a galleggiare nel brodino dell’1-0, fino a quando Alfonso non decide di mettere sulla tavola una pietanza ben più sostanziosa: la frittata. Con o senza cipolla, non sappiamo, fatto sta che il numero 1 (di maglia, oggi non di fatto) non trattiene una punizione ospite e Capellini insacca. Anche lui di scavetto. Gesto tecnico che in sala Var non deve piacere. Un paio di minuti e tutto è cancellato. C’è un fallo in barriera: applausi a Paterna e Lo Cicero che si accorgono, forse solo loro nell’emisfero boreale, di una tirata di pantaloncino ai danni di Murgia.

Il primo tempo va in archivio con poche idee ma un gol di vantaggio. Il secondo replicherà la miseria di inventiva, ma con ben altro risultato. Un quarto d’ora abbondante e Peda si fa cacciare per un fallo a centrocampo. Sarebbe il classico cartellino arancione, ma l’arbitro Meraviglia – anche qui, di nome ma non di fatto – opta per la tinta più accesa. Ragiona così dal minuto uno: fallo dei biancazzurri e cartellino, fallo ospite, sgridata e via.

Poi in tre minuti il mondo si ribalta. Per la Spal, da boreale l’emisfero diventa australe. Tra il 74’ e il 77’ il Benevento ne fa due e addio fichi. Segna ancora Capellini, che per la cronaca è un difensore centrale. Lo fa addirittura di tacco su assist di Tripaldelli che, invece di spazzare l’area, si inventa una sforbiciata stile album Panini e consegna il pallone del pareggio al 96 campano. Boh, vabbé.

Tre giri d’orologio e La Gumina, indisturbato in mezzo all’area, trafigge Alfonso che, per rimanere in tema di frittate, pensa bene di farsi passare la conclusione sotto la pancia. Nel finale una punizione di Tunjov regala l’ultima illusione ai tifosi ferraresi, ma la parte di rete che si gonfia è quella esterna, quella sbagliata.

Termina 1-2, con gli applausi della Ovest all’ex Schiattarella (quanto farebbe ancora comodo alla Spal) e con Cannavaro che batte De Rossi. Quella notte, a Berlino, vinsero entrambi, oggi l’ex Ministro della Difesa tedesco non ha fatto sconti. Dopo un mese di panchina per Daniele, oltre ai mancati saldi degli amici, è finito anche il periodo di prova. Il carillon biancazzurro deve riprendere a suonare a festa. Il baratro, lo ribadiamo, è lì dietro.

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