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Il Grifone si trasforma in un Dragusin, il viaggio della Spal è sempre più vicino al 'C'apolinea

Zero tiri in porta, tre infortuni e altrettanti gol incassati. Per salvarsi serve più di un miracolo

La Spal crolla. Anzi, Crolla. La C è maiuscola come quella serie sempre più vicina. La fiammella della speranza dura 77 minuti, che sembrano tanti, ma poi spegne. Forse definitivamente. Nella città della Lanterna, i biancazzurri piombano in un buio pesto da cui ora uscire è difficile. No, dai, guardiamoci in faccia e parliamo come mangiamo: qui serve un miracolo, nulla di meno. La via imboccata verso la retrocessione sembra non incontrare ostacoli, quasi Oddo avesse in mano una biglia che rotola su un pavimento di marmo tirato a lucido con litri di cera.

Il Grifone si trasforma in un drago, anzi in un Dragusin, appena in tempo per scarnificare un cadavere che in campo cammina. E ormai da mesi. Non si vince perché non si segna, non si segna perché non si tira in porta, non si tira in porta perché non si hanno idee e nemmeno un briciolo di qualità. Perché il 3-0 finale forse racconta male l’andazzo della partita, ma descrive appieno il divario tra la Spal e qualunque altra squadra di questo campionato. Qui tutti (gli altri) sembrano il Real Madrid.

La nebbia – rossa, per i fumogeni, ad inizio match – è fitta nella testa di chi veste una maglia, giornata dopo giornata, strapazzata in malo modo. E se volessimo ricavare un’istantanea dai 100 minuti del Ferraris avremmo solo l’imbarazzo della scelta. Di scene senza senso, in ordine più o meno sparso, ce ne sono a bizzeffe. Roba da abbuffarsi come al termine di un pallosissimo convegno aziendale. Ma è una mangiata amara, indigesta.

Varnier che al terzo minuto viene strattonato in area avversaria e non cade, con Nainggolan che lo rimprovera di smetterla di esser chierichetto allo stadio. Moncini che al 40esimo, su un lancio lungo, la ferma con le mani, come si fa al campetto sotto casa per evitare che la palla finisca sotto alla macchina del vicino irascibile. Il ninja che, nel deserto sahariano di gioco, tira da 55 metri. E a momenti pesca il jolly dell’anno. Il portiere avversario che l’unica volta che tocca il pallone è al 92’, su un auto-tiro. Per dire.

Fotografie di un viaggio spedito verso gli inferi. Roba facile da decifrare per chiunque e specie per chi di viaggi, da qui all’America e ritorno, ne mastica come chewing gum. Macché. Anche lì la nebbia è fitta. Roba che in certi tratti della foresta amazzonica ci sono spiragli più ampi. Ma qui si trascende, qui si esce dall’ordinario, qui si divaga. Urge tornare a Genoa, dove, per la cronaca, i gol arrivano. Tutti, però, a senso unico. Come la caduta verticale di Dickmann e compagni.

Minuto 77, La Mantia torna a difendere e, come nel più classico dei film già visti, commette il fallettino ingenuo sulla trequarti. Traversone in mezzo e Celia e Meccariello fanno da trampolino per un Dragusin che svetta e segna. Minuto 93, sempre il Mecca si improvvisa Pirlo, ma non è Pirlo: palla persa a centrocampo, contropiede, Brazao ci mette la mano sul diagonale di Strootman ma nulla può sulla respinta di Gudmundsson.

Minuto 97, Salcedo non incontra anima viva nella difesa biancazzurra e indirizza il destro a giro, ma nemmeno troppo, verso l’angolo lontano: portiere brasiliano che fa il portiere brasiliano, non para e luce che si spegne. E non si dica che la Spal perde perché la sfortuna, nel buio di quest’annata disgraziata, ci vede benissimo. Gli infortuni in serie di Varnier (al 23’), Valzania (44’) e Alfonso (70’) sono beccate, sì, ma che lacerano un cadavere già bello che spirato.

Rimangono due appunti sul diario di bordo. Il viaggio prosegue, con una direzione purtroppo fin troppo evidente. Anche se in quel ripetuto New York-Ferrara, per una santissima volta, il presidente a stelle e strisce potrebbe far tappa a Lourdes. Hai visto mai. L’altra bozza recita di due partite, le prossime (mercoledì e domenica), entrambe in casa. Che in un mondo normale sarebbero fiammiferi buoni per riaccendere timide speranze. Ma in questo, di mondo, rischiano di assomigliare a miglia aggiuntive sul percorso verso il Capolinea. Quello sempre con la C maiuscola.

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