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Venerdì, 26 Aprile 2024
Festa della Repubblica

Festa della Repubblica, il presidente della Provincia Padovani: "Gli italiani dissero che volevano essere cittadini liberi"

Nel corso del suo intervento, anche un cenno allo scenario internazionale caratterizzato dalla guerra in Ucraina

In occasione del proprio discorso sulla ricorrenza del 2 giugno, il presidente della Provincia Gianni Michele Padovani si è soffermato sulla drammatica situazione delle comunità romagnole, colpite dal maltempo. "In questa giornata - ha sottolineato Padovani - non possiamo non riservare, innanzitutto, un pensiero di cordoglio per le vittime e di vicinanza ai loro familiari, a quanti hanno dovuto abbandonare le loro case e a tutti coloro che hanno subito le pesanti conseguenze dell'alluvione che ha colpito la nostra regione. E unitamente a questo pensiero, è giusto esprimere il nostro ringraziamento alle istituzioni, alla Protezione civile, alle forze dell'ordine, le Polizie locali, ai volontari e a quanti stanno dando il loro prezioso aiuto, per soccorrere la popolazione così duramente colpita e provata. Con questa attenzione, dunque, oggi ricordiamo due giornate storiche. Il 2 e il 3 giugno 1946 il popolo italiano decise che l'Italia doveva essere una Repubblica e votò per eleggere l'Assemblea costituente incaricata di scrivere la Costituzione. Fu la prima volta che gli italiani furono chiamati a esprimersi dopo oltre vent'anni, durante i quali un regime aveva preteso di governare senza quel consenso. E fu la prima volta del voto a suffragio universale".

Il presidente dell'Amministrazione provinciale ha ricordato che "furono circa 13 milioni le donne che votarono, rispetto ai quasi 12 milioni di uomini. L'Italia non poteva dirsi compiutamente democratica, senza ammettere al voto la maggioranza del corpo elettorale. La Costituzione sancì in modo solenne ciò che avvenne in quelle due giornate: 'La sovranità appartiene al popolo'. Il 2 e 3 giugno, quindi, le italiane e gli italiani dissero che nel loro Paese volevano essere cittadini liberi e non sudditi. Questo è anche il significato fondamentale di avere scelto liberamente la forma di Stato. Ebbe così inizio la nostra Repubblica, preparata dalle donne e dagli uomini che ebbero il coraggio di resistere e lottare contro le atrocità, le violenze e i crimini, di un regime totalitario che trascinò il mondo nel baratro di una guerra, fra le più devastanti della storia. Come ha detto qualcuno, se l'Italia ha potuto partecipare nel 1946 alla conferenza di Parigi, è perché grazie alla Resistenza il nostro ha potuto far parte della schiera dei paesi cobelligeranti e non di quella degli sconfitti".

Gianni Michele Padovani ha aggiunto che "il fondamento di questo nuovo inizio è la democrazia, che prima ancora di un insieme di regole, è processo, cammino. Democrazia non è solo un traguardo, ma anche un compito che continua a richiedere il coinvolgimento, la partecipazione e l'impegno di tutte e di tutti. Un compito, ad esempio, che deve volgere lo sguardo agli oltre 5 milioni di poveri, agli infortuni e ai morti sul lavoro, a coloro che il lavoro non ce l'hanno, al fenomeno dell'astensionismo, come ci raccontano anche le ultime elezioni amministrative. Gli esperti dicono che povertà, sicurezza sul lavoro, disoccupazione e urne elettorali che progressivamente si svuotano, concorrono a formare il fenomeno della democrazia recitativa. Un monito che richiama tutte e tutti all'impegno costante per una democrazia che sappia tenere insieme i temi dei diritti civili con quelli sociali, in un modello di convivenza che guardi all’ambiente in modo sostenibile".

Il presidente della Provincia ha concluso che "è un compito che riguarda anche il cammino dell'Unione Europea che, sulle macerie della seconda guerra mondiale, è fondata sul principio della pace e della collaborazione dei popoli, non più sull'inimicizia, la prevaricazione e la sete di dominio. Un tema, quest'ultimo, drammaticamente attuale, quando dal febbraio dell'anno scorso assistiamo alla brutale e ingiustificata aggressione ai danni di un paese libero e sovrano alle porte dell'Europa: un attacco alla libertà di tutti noi. La nostra apprensione, in questi giorni è rivolta anche alla scena balcanica: tutti speriamo che prevalga la volontà di dialogo e che l'iniziativa non torni alle armi, con le conseguenze disastrose che abbiamo ancora vive nella memoria. Non possiamo e non vogliamo rassegnarci al piano inclinato della democrazia recitativa, che rischia di consumare una distanza fatale dall'Italia del 2 Giugno, che oggi celebriamo, fondata sulla Repubblica, il Parlamento e la Costituzione, ossia le travi portanti dell'Italia antifascista. Viva il 2 Giugno, viva la Repubblica!".

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