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Giustizia

'Espulsa' perché inviò lettere minatorie al vicesindaco, il Consiglio di Stato accoglie il ricorso: "Arquà sarà reintegrata"

Le dimissioni della consigliera vennero firmate sui cassonetti. Duro il sindaco: "Inaccettabile, ci opporremo in tutte le sedi"

Ricorso accolto. Il Consiglio di Stato ribalta tutto, accogliendo quel ricorso che il tribunale amministrativo – in primo grado – aveva respinto. Stiamo parlando del caso di Rossella Arquà. Lei, consigliera della Lega, a giugno 2021 venne invitata a firmare le dimissioni sopra i cassonetti dell’immondizia da Lorenzo Poltronieri (presidente del Consiglio comunale).

Questo perché la Digos aveva appena perquisito l’abitazione della stessa Arquà, all’indomani delle lettere anonime inviate al vicesindaco Nicola Lodi. In buona sostanza, la consigliera si trovò in poche ore ad essere persona non gradita nel partito del Carroccio. Con il documento firmato, poi, il Consiglio approvò la cosiddetta ‘surroga’ di Stefano Franchini.

Un’espulsione, se così la si vuol chiamare, non gradita alla stessa Arquà, che tramite i propri legali fece ricorso al Tar. Prima, come detto, ottenendo il ‘no’ del tribunale amministrativo e ora il ‘sì’ del Consiglio di Stato, in quanto la consigliera non sarebbe stata messa nelle condizioni di decidere serenamente (e con calma). In buona sostanza, con questa seconda decisione, il Comune è chiamato a pagare le spese processuali (4mila euro) e ‘riconsegnare’ il seggio in Consiglio alla stessa Arquà.

Dura la replica del sindaco, Alan Fabbri: “La vicenda Arquà è diventata oggi davvero paradossale. Di fatto si tratta di far sedere in un consiglio comunale una persona che ha inviato, per sua stessa ammissione, lettere minatorie con proiettili ad un membro della Giunta. Una situazione incresciosa che non è accettabile per quello che implica in termini di tranquillità dei lavori di un organo democratico e di sicurezza”.

Ci opporremo in tutte le sedi possibili a questa sentenza – prosegue il primo cittadino – che in grande difficoltà tutto il civico consesso e tutti gli assessori. Sedere fianco a fianco con una persona colta in flagranza di reato e denunciata per minacce aggravate e pensare che questa persona possa rappresentare degnamente i cittadini in consiglio comunale ci sembra assurdo e non rispettoso per i cittadini e l’istituzione”.

Ci rivolgeremo al Prefetto per dirimere la questione dal punto di vista amministrativo – incalza Fabbri - e chiederemo alla Procura della Repubblica di chiudere celermente le indagini e di verificare se davvero si ritenga opportuno far accedere all'aula consiliare, come niente fosse, chi ha commesso tali atti minatori come riportato ampiamente sulla stampa”.

“Altro fatto gravissimo sono i tempi, per nulla casuali, con cui la notizia della sentenza è stata fatta circolare – conclude -. Ci chiediamo se l'avvocato Anselmo, che ha assistito la consigliera Arquà in questi mesi nel tentativo, puramente politico, di riportarla a sedere in consiglio comunale riducendo i numeri della maggioranza ritenga deontologicamente corretto il suo comportamento o se non si tratti invece dell'ennesimo tentativo di fermare la nostra amministrazione con mezzi impropri”.

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