Caporalato in agricoltura, denunciati 4 sfruttatori nel Ferrarese
L'attività di indagine dei carabinieri è partita da un'aggressione
Prosegue la triste piaga del caporalato nel settore agricolo. Un fenomeno che le recenti inchieste hanno evidenziato essere presente in particolare nelle aree del portuense e dell’argentano e che vede i carabinieri della zona essere costantemente impegnati in prima linea.
L’ultimo atto di una serie di attività investigative dei militari dell’Arma di Portomaggiore ha portato alla denuncia di quattro cittadini pakistani, tutti residenti in zona, individuati quali presunti autori di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, nonché di estorsione e lesioni personali.
L’attività e indagini condotte in particolare dai militari del Nucleo Operativo e Radiomobile - coadiuvati dai colleghi del Nucleo Ispettorato Lavoro di Ferrara e coordinati dalla Procura estense - hanno preso spunto dalla violenta aggressione di un altro pakistano (avvenuta nel marzo del 2022, a Portomaggiore), il quale era stato picchiato selvaggiamente per “aver osato” chiedere ai suoi caporali il pagamento di poche centinaia di euro, corrispettivo del duro lavoro che aveva svolto nei campi della zona.
I successivi accertamenti, oltre ad individuare i quattro indagati come autori della singola violenza, hanno consentito ai carabinieri di raccogliere plurimi indizi (sempre a carico degli stessi) circa l’attività di ‘caporali’, condotta tra il 2018 e il 2022.
In quel periodo, i quattro reclutavano i loro connazionali, curandone il trasporto presso le aziende agricole della zona e, approfittando del loro stato di bisogno, li costringevano al lavoro nei campi in condizioni di sfruttamento, violando sistematicamente le vigenti normative di settore, tra le quali quelle relative all’orario di lavoro, ai riposi, alle ferie e alla paga.
Dalle indagini è emerso, in particolare, che i caporali retribuivano i lavoratori talvolta ‘in nero’ e, comunque, in modo palesemente difforme dai contratti collettivi, riconoscendo al singolo lavoratore una paga di circa 5 euro l’ora in luogo di una spettanza pari a circa il doppio, ed incamerando la relativa differenza quale compenso per la ‘mediazione’ con l’imprenditore agricolo.
Questi lavoratori (che in molti casi non conoscevano l’italiano), prestavano la loro opera anche 7 giorni su 7: nel caso, poi, volessero avanzare pretese o contestazioni, venivano privati della possibilità di lavorare, cosa che non potevano assolutamente permettersi avendo necessità di denaro per la loro sussistenza in Italia e per quella dei loro familiari in patria.